Programma Artemis

Overview

Artemis è il programma della NASA (National Aeronautics and Space Administration) per riportare l’umanità sulla Luna e creare una presenza umana permanente sul nostro satellite.

Il programma prende forma nei primi anni '10 a partire da precedenti programmi quali Constellation Program, dal quale eredita la capsula Orion, dallo Space Shuttle ritirato nel 2011 dopo l'incidente del Columbia del 1° febbraio 2003 di cui vengono riutilizzare tecnologie, infrastrutture e componenti, della Asteroid Redirect Mission della quale condivide l'idea di portare un equipaggio umano al di fuori dell'orbita terrestre.

Nonostante la NASA, con il programma Apollo, abbia già portato un equipaggio sul nostro satellite per sei volte tra il 1969 e il 1972, sono necessari una serie di avanzamenti tecnologici per raggiungere l’obiettivo per diverse ragioni:

  • Lo scopo: le missioni Apollo avevano come obiettivo primario quello di dimostrare la capacità degli Stati Uniti di raggiungere la superficie lunare e riportare gli astronauti sulla Terra sani e salvi, in un contesto geopolitico dominato dalla competizione della Guerra Fredda. Una volta raggiunto il traguardo, il programma è stato concluso.

    Artemis ha invece una visione molto più ampia e di lungo periodo: creare una presenza umana sostenibile e duratura sulla Luna, sviluppare infrastrutture in orbita lunare e sulla superficie, e utilizzare la Luna come banco di prova e trampolino di lancio verso Marte e il resto del Sistema Solare. L’obiettivo non è solo “tornare”, ma restare e imparare a operare fuori dalla Terra in modo continuo.

  • La sicurezza: durante il programma Apollo la corsa allo spazio impose ritmi serrati e scelte ingegneristiche orientate alla velocità di sviluppo più che alla ridondanza dei sistemi. Le missioni presentavano rischi elevatissimi — basti pensare alla tragedia di Apollo 1 e l’incidente sfiorato di Apollo 13, mitigati dall’eccezionale competenza degli astronauti e dei team di controllo missione. Oggi gli standard di sicurezza sono molto più rigorosi. Artemis introduce sistemi di bordo altamente ridondanti, configurazioni modulari e processi certificativi avanzati. Vengono inoltre affrontate sfide che Apollo non dovette gestire in modo strutturato, come la protezione dalle radiazioni nello spazio profondo, la permanenza prolungata lontano dalla Terra e l’autonomia operativa degli equipaggi. L’obiettivo è garantire missioni sicure e affidabili, riducendo al minimo i rischi.

  • La tecnologia: e missioni Apollo rappresentarono un’impresa tecnologica straordinaria per l’epoca, ma utilizzavano tecnologie oggi obsolete: computer con capacità limitatissime, materiali non ottimizzati per lunghi periodi nello spazio e tecniche di progettazione basate su margini elevati e ridondanza passiva.

    Artemis sfrutta oltre cinquant’anni di progresso tecnologico. I nuovi sistemi includono avionica digitale avanzata, materiali compositi, comunicazioni ad alta capacità, software evoluto, robotica, stampa 3D e tecnologie di supporto vitale rigenerativo. Le missioni testeranno inoltre sistemi per l’estrazione e l’utilizzo delle risorse lunari (ISRU), fondamentali per ridurre la dipendenza dalla Terra e rendere possibile l’esplorazione di lunga durata.

  • I costi: apollo fu uno dei programmi più costosi della storia, sostenuto da un impegno finanziario eccezionale giustificato dal contesto geopolitico. Il modello era interamente governativo: la NASA progettava e gestiva direttamente la gran parte dei sistemi. Un simile sforzo oggi non è giustificabile, per questo Artemis si basa su un approccio diverso, pensato per essere più sostenibile nel lungo periodo. Il programma prevede una progressione graduale nel tempo, la collaborazione con partner internazionali e soprattutto il coinvolgimento diretto del settore privato tramite servizi commerciali (ad esempio con le missioni cargo e lander commerciale CLPS). Questo modello permette di ridurre i costi, stimolare l'innovazione e favorire lo sviluppo di una economia spaziale cislunare in grado di rendere l’esplorazione più autonoma e meno dipendente dai bilanci governativi.

Il programma è troppo ambizioso per essere portato a termine da una sola nazione soprattutto in tempi dove i governi non intendono spendere molto per l’esplorazione spaziale.

Per questo la NASA ha creato un framework per la partecipazione internazionale al programma Artemis chiamato Artemis Accords (Accordi Artemis) che prevendono una serie di principi che le nazioni che vogliono partecipare al programma devono rispettare.

Formalmente non sono un trattato internazionale ma accordi bilaterali tra gli Stati Uniti d’America e gli altri stati partecipanti.

Ogni stato, oltre a rispettare i 10 principi, concorda con gli Stati Uniti quale sarà il suo contributo e quali benefici avrà dal programma. A settembre 2025, sono 56 i paesi che hanno firmato gli accordi Artemis.

Anche alle compagnie private viene affidato un ruolo fondamentale con una serie di obiettivi:

  • Ridurre i costi di sviluppo ed esercizio dei vari componenti del programma

  • Far contribuire il capitale privato allo sviluppo del programma

  • Far nascere un’economia lunare, garanzia di permanenza anche se i governi dovessero decidere di non continuare a finanziare l'esplorazione.

  • Favorire l’innovazione e il trasferimento tecnologico verso il tessuto industriale statunitense e dei paesi partner, rafforzando la competitività del settore spaziale occidentale.

Poiché Artemis è un programma di esplorazione e per sua natura l’esplorazione si occupa dell’ignoto, il programma non è ben definito in tutte le sue parti, ma dovrà essere costruito tendendo conto di quello che si imparerà man mano.

La NASA ha però definito e sta costruendo diversi componenti e infrastrutture che serviranno a implementarlo e una serie di missioni che gradualmente dimostreranno le capacità che via via riusciamo a raggiungere e ci daranno le informazioni per predisporre le future missioni.

Credit: NASA

Componenti

I componenti che la NASA ha messo a punto o sta costruendo per implementare il programma Artemis sono i seguenti:

  • Capsula Orion: è il mezzo di trasporto degli astronauti che sarà lanciato con il razzo SLS e porterà gli astronauti fino all'orbita lunare. Deve mantenere un ambiente ideale per la vita degli astronauti e garantire protezione dal calore generato al rientro in atmosfera.

  • Space Launch System (SLS): è il razzo che permette agli astronauti di lasciare la Terra e raggiungere la Luna.

  • Sistemi di Terra (EGS): sono tutti i sottosistemi di supporto all'assemblaggio e al lancio di tutti i componenti: edifici di assemblaggio e stoccaggio, siti di test, serbatoi di carburante, rampa di lancio, software.

  • Lunar Gateway: stazione spaziale in orbita intorno alla Luna che serve come appoggio per gli astronauti e per le comunicazioni con la Terra.

  • Human Landing System (HLS): modulo di allunaggio per portare gli astronauti dall'orbita alla superficie della Luna.

  • Tute Spaziali: tute per permettere agli astronauti di sopravvivere nell'ambiente lunare privo di atmosfera e con elevati livelli di radiazioni.

  • Lunar Terrain Vehicle (LTV): rover per permettere agli astronauti di spostarsi sulla superficie della Luna.

  • Lunar Cruiser: ambiente pressurizzato semovente per permettere lunghi spostamenti sulla Luna.

  • Moduli abitativi: moduli fissi pressurizzati all'interno dei quali gli astronauti possono restare senza tuta e saranno utilizzati per lunghe permanenze sul suolo lunare.

Oltre ai componenti del programma principale, sono stati pensati a supporto alcuni programmi per obiettivi specifici:

  • Commercial Lunar Payload Services (CLPS): Programma iniziato dalla NASA iniziato nel 2018 per incentivare lo sviluppo di navicelle robotiche in grado di atterrare sulla superficie lunare portando carichi per la NASA e altre compagnie o agenzie. L'obiettivo del programma è creare un servizio di trasporto cargo commerciale per supportare le future missioni e avamposti lunari.

  • LunaNet: è un programma di NASA, ESA e JAXA per definire le specifiche condivise e i bisogni per infrastrutture di comunicazione e navigazione sulla Luna

Space Launch System (SLS)

Ad oggi, l’unica tecnologia che permette di vincere la gravità terrestre e lasciare la Terra è quella dei razzi, che, attraverso una reazione chimica, producono la spinta necessaria per vincere la gravità della terra.

Per l'esplorazione del nostro satellite, sia robotica che umana, serve un razzo con queste caratteristiche

  • Capacità di portare verso la Luna decine di tonnellate di carico utile

  • Un alto livello di affidabilità per il trasporto di astronauti

La NASA ha progettato lo Space Launch System affidandone a Boeing la costruzione, un razzo che riutilizza diversi componenti e tecnologie dello Space Shuttle, quali i motori e i booster a stato solido, aggiornati per il nuovo vettore.

Lo Space Launch System è un razzo a due stadi alimentato a idrogeno ed ossigeno liquidi con l’aggiunta di due booster a propellente solido.

Il razzo è composto dai seguenti elementi:

  • Motori RS-25D per la spinta al primo stadio, gli stessi che hanno volato con lo Space Shuttle, costruiti da Aerojet Rocketdyne che verranno rimodernizzati con nuova avionica e software di controllo. Ci sono 14 motori disponibili dal programma Space Shuttle che saranno usati nei primi quattro lanci di SLS. Dal quarto lancio verranno usati motori di nuova costruzione leggermente più potenti e meno costosi.

  • Stadio principale (core stage), costruito da Boeing, che contiene i serbatoi di ossigeno e idrogeno liquido. E' alto 64,6 m e ha un diametro di 8,4 m. Lo stadio è diviso in 5 sezioni, dal basso verso l'alto:

    • La sezione dei motori, dove si trova l'alloggiamento dei quattro motori RS-25D

    • Il serbatoio dell'idrogeno liquido

    • L'Intertank, Una sezione di separazione dei due serbatoi

    • Il serbatoio dell'ossigeno liquido

    • La forward skirt, una sezione di connessione con lo stadio superiore

    Lo stadio principale non subirà modifiche nelle versioni successive del lanciatore.

  • I Booster laterali, derivati da quelli dello Space Shuttle. Sono composti da 5 sezioni di propellente allo stato solido, una in più dei booster dello Shuttle. Parte dell'hardware è recuperato da questi ultimi. Sono alti 54,1m con un diametro di 3,7m e danno una spinta di 14.689 kN per 126s.

  • Secondo stadio: nella prima versione (Block 1) è chiamato ICPS (Interim Cryogenic Propulsion Stage), derivato dallo stadio superiore del Delta IV e alimentato da un motore RL10. Nelle versioni future (Block 1B e Block 2) sarà sostituito dall’EUS (Exploration Upper Stage), con 4 motori RL10 per maggiore capacità di carico.

Sono previste tre versioni del razzo, ognuna delle quali ha una configurazione per equipaggio e una per altri carichi.

Credit: NASA

Sistemi di terra (EGS)

Per supportare il programma Artemis non è sufficiente costruire i veicoli spaziali: è necessario un insieme di infrastrutture terrestri dedicate alla preparazione, al lancio, al monitoraggio, al controllo delle missioni e alla comunicazione tra spazio e terra.
L’insieme di queste strutture, sistemi e servizi prende il nome di Exploration Ground Systems (EGS).

EGS rappresenta l’evoluzione naturale dell'infrastruttura dello Space Shuttle ed è progettato per supportare missioni umane nello spazio profondo per molti anni.

Fanno parte dell'EGS:

Strutture di assemblaggio, integrazione e test

  • Vehicle Assembly Building (VAB) per l’assemblaggio finale del razzo

  • High Bay e Mobile Launcher per supportare SLS durante integrazione e rollout

  • Integration and Checkout Facilities nelle sedi dei contractor

  • Strutture di stoccaggio e lavorazione dei propellenti criogenici

Queste strutture consentono di costruire, integrare e verificare tutte le componenti prima della missione.

Infrastrutture di lancio

  • Mobile Launcher Platform (ML-1 e futuro ML-2) per supportare SLS

  • Launch Pad 39B al Kennedy Space Center, adattata per SLS

  • Sistemi di:

    • rifornimento criogenico

    • alimentazione elettrica

    • controllo e telemetria

    • protezione da fulmini

    • sistemi di sicurezza e fuga del personale

Sistemi di comando, controllo e monitoraggio

  • Launch Control Center per la gestione delle operazioni di lancio

  • Mission Control presso il Johnson Space Center per le operazioni in volo

  • Reti di comunicazione e telemetria per il controllo dei veicoli durante il volo

  • Ground Communications Network per integrare tutte le strutture

Infrastrutture di comunicazione e tracking

EGS opera in coordinamento con reti dedicate alle comunicazioni spaziali, tra cui:

  • Deep Space Network (DSN) per comunicazioni con Orion e Gateway

  • Near Space Network (NSN) per orbita terrestre e supporto CLPS

  • Antenne e stazioni di terra distribuite a livello globale

Credit: NASA

Capsula Orion

Per raggiungere la Luna serve un mezzo che ci permetta di portare sul nostro satellite persone e materiali e di riportarli sulla Terra.

Questo mezzo deve avere le seguenti caratteristiche

  • Spazio abitabile pressurizzato e schermato per gli astronauti

  • Sistemi di supporto vitale per la produzione di aria respirabile e acqua potabile, il mantenimento delle condizioni di temperatura e pressione ottimali per la vita

  • Resistenza al calore e alle forze presenti al rientro nell’atmosfera

La NASA, con l’aiuto dell’azienda americana Lockheed Martin, ha progettato e costruito una capsula chiamata Orion in grado di far sopravvivere gli astronauti nel tragitto tra Terra e Luna e nel rientro in atmosfera.

La capsula Orion è formata da due componenti principali:

  • Il modulo per l’equipaggio, con lo spazio abitabile e uno scudo termico per il rientro in atmosfera

  • Il modulo di servizio costruito dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con i sistemi di supporto vitale, energetico e propulsivo

I due moduli vengono integrati e lanciati insieme. Una volta in orbita il modulo di servizio fornisce la spinta per il viaggio verso la luna e l’inserimento in orbita.

La Orion non può “allunare” ma solo raggiungere l’orbita del nostro satellite.

Finita la missione, il modulo di servizio fornisce la spinta per tornare in orbita terrestre. A questo punto la capsula per l’equipaggio e il modulo di servizio si separano.

Il modulo con l’equipaggio effettua le manovre di rientro, ed esegue uno spashdown nell’oceano riportando gli astronauti sulla Terra.

Il modulo di servizio viene invece bruciato nell’atmosfera.

Né il modulo per l’equipaggio né quello di servizio sono riutilizzabili, ogni missione Artemis avrà quindi una capsula Orion costruita appositamente. Alcuni sistemi vengono però recuperati dopo l'atterraggio e montati sulla capsula successiva.

Nel processo di costruzione e integrazione intervengono diversi attori. In Europa viene costruito il modulo di servizio (ESM):

  • Thales Alenia Space (Torino): Si occupa della realizzazione della struttura portante dell'ESM, inclusi i componenti in alluminio e in materiali compositi, che costituiscono il "backbone" del modulo. La struttura di base e i pannelli protettivi vengono costruiti e assemblati qui prima di essere spediti ad Airbus.

  • Airbus Defence and Space (Brema): Dopo la produzione della struttura in Italia, l'ESM viene spedito a Brema, dove Airbus si occupa dell'integrazione dei sistemi interni, come i serbatoi di propellente, i pannelli solari, e gli altri sottosistemi critici. Airbus guida anche l'assemblaggio finale e l'integrazione dei componenti provenienti da altre aziende europee.

  • Trasferimento al Kennedy Space Center: l'ESM viene imbarcato e inviato al Kennedy Space Center in Florida per l'integrazione con il modulo per l'equipaggio e i test finali.

Negli Stati Uniti d'America viene invece costruito il modulo per l'equipaggio:

  • Assemblaggio principale: La capsula Orion viene prodotta presso Lockheed Martin a Denver, dove si installano i principali sottosistemi per la gestione e il supporto dell'equipaggio.

  • Trasferimento al Kennedy Space Center: Dopo l'assemblaggio, la capsula viene spedita al KSC, dove l’installazione dello scudo termico è completata da Lockheed Martin insieme agli specialisti della NASA.

  • Test finale e integrazione: Al KSC, vengono eseguiti i test finali sul modulo per l'equipaggio, incluso lo scudo termico, per garantire che tutti i sistemi funzionino perfettamente e siano pronti per la missione.

Al KSC vengono poi integrati i vari moduli: prima l'ESM con il crew module adapter ai quali viene poi integrato il modulo per l'equipggio.

Credit: ESA

Lunar Gateway

Per permettere una presenza costante umana nello spazio lunare è stato pensato un punto di appoggio vicino alla Luna, che funga sia da centro logistico che da punto sicuro in caso di emergenza per gli astronauti che andranno sulla Luna. Almeno inizialmente non abbiamo esperienza di come possiamo costruire un simile habitat sulla superficie lunare, ma abbiamo ormai decenni di esperienza su come fare sopravvivere gli astronauti in orbita terrestre. Si è quindi deciso di costruire una stazione in orbita lunare, sfruttando tutto quello che è stato imparato dall’esperienza della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Questa stazione orbitante è stata chiamata Lunar Gateway e ha diversi obiettivi:

  • Fare da base e centro logistico per gli atterraggi sulla Luna

  • Mantenere le comunicazioni con la terra, anche dal lato nascosto della Luna

  • Garantire il supporto vitale agli astronauti

  • Fungere da punto sicuro in caso di emergenza

  • Fare da centro di controllo per eventuali operazioni robotiche comandate a distanza senza avere il ritardo di circa due secondi che si avrebbe da Terra.

  • Raccogliere dati sulla salute, il comportamento e l'operatività degli astronauti in ambiente di spazio profondo, per comprendere come l'uomo può vivere e lavorare lontano dalla Terra per periodi prolungati.

Il Gateway sarà composto dai seguenti moduli:

  • PPE (Power and Propulsion Element): modulo di propulsione per il mantenimento dell’orbita e per la generazione di energia tramite pannelli solari. Sarà prodotto dall'azienda americana Maxar Technologes.

  • HALO (Habitation and Logistics Outpost): modulo per lo stoccaggio di materiale e scorte e con spazio abitabile per 2 astronauti. Sarà fornito dall'azienda americana Northrop Grumman che ha appaltato a Thales Alenia Space la produzione della struttura principale.

  • Lunar I-HAB (Lunar International Habitation module): modulo abitabile fornito dalle agenzie spaziali europea (ESA) e giapponese (JAXA). Sarà costruito da Thales Alenia Space joint venture tra l'azienda italiana Leonardo e la francese Thales già costruttrice di diversi moduli della stazione spaziale internazionale

  • ESPRIT (European System Providing Refueling, Infrastructure and Telecommunication): sarà diviso in due segmenti: il primo denominato Lunar Link servirà per le comunicazioni con la superficie lunare e con la Terra; il secondo denominato Lunar View avrà serbatoi per lo stoccaggio del carburante, porte per l'attracco delle navicelle di rifornimento e una finestra per poter osservare all'esterno. Il modulo sarà costruito da Thales Alenia Space.

  • CanadArm3: braccio robotico per operazioni di assemblaggio e attracco delle navicelle di rifornimento, costruito da MDA Space, azienda canadese che ha già fornito i bracci robotici per la stazione spaziale internazionale.

  • Crew and Science Airlock module: camera di depressurizzazione che permette l’uscita degli astronauti per le attività extraveicolari. Sarà fornito dagli Emirati Arabi e costruito al Mohammed bin Rashid Space Centre

Il Lunar Gateway sarà rifornito da due navicelle cargo:

  • Dragon XL, sviluppata da SpaceX come evoluzione della capsula Dragon in versione cargo, che attualmente rifornisce la stazione spaziale internazionale.

  • HTV-XG, sviluppato dall’agenzia spaziale giapponese (JAXA) derivato dalla navetta HTV-X che rifornisce la stazione spaziale internazionale.

Inoltre, attraccheranno al Gateway

  • La capsula Orion per il trasporto degli astronauti

  • L’HLS per l’allunaggio

Il Lunar Gateway sarà inserito in una particolare orbita denominata NRHO, questo permette di “vedere” sempre sia la Luna che la Terra

Credit: NASA

Human Landing System

La capsula Orion permette di raggiungere l’orbita della Luna ma non ha la capacità di scendere sulla superficie.

Per questa operazione è necessario un nuovo componente che sia in grado di scendere dall’orbita fino alla superficie e poi ritornare in orbita.

Questa componente è stata denominata Human Landing System (HLS) ed è stata appaltata ad aziende private con una richiesta di proposte nel 2018

Terminato il processo di selezione, sono state scelte due proposte:

SpaceX ha proposto di utilizzare l’astronave che sta sviluppando, Starship, per l’atterraggio sulla Luna.

Starship è stata progettata, secondo la filosofia di SpaceX, per fare il più possibile nello spazio: voli suborbitali per portare merci e passeggeri da un punto all'altro della terra in poco tempo, rilascio di satelliti, rifornire le stazioni spaziali e per i voli interplanetari inoltre è progettata per essere interamente riutilizzabile e quindi poter rientrare sulla Terra. Ha proporzioni gigantesche: è alta più di 50 metri e dalle previsioni potrebbe portare fino a 100 tonnellate di materiale sulla Luna e i sarebbe spazio per diverse decine di astronauti.

È alimentata a metano ed ossigeno liquidi, elementi che si pensa possano essere prodotti anche sulla Luna e su Marte. Sarà lanciata con il razzo Super Heavy anch’esso di SpaceX.

Per il programma Artemis è sovradimensionata, infatti, sarà usata per allunare due sole persone mentre la sua capacità di payload è intorno alle 100 tonnellate.

Sono previste diverse configurazioni di Starship a seconda dell’utilizzo.

Per il programma Artemis SpaceX ha progettato una configurazione che non prevede il rientro a Terra.

L’HLS infatti dovrà attendere la Orion in orbita Lunare, ricevere due astronauti mentre altri due rimarranno sulla Orion e allunare. Una volta completate le operazioni sulla superficie, gli astronauti ritornano sul HLS che riparte verso l’orbita lunare. Gli astronauti tornano sulla Orion e con questa ritornano alla Terra.

Starship HLS (Moonship)

Per permettere alla Starship di arrivare sulla Luna sarà necessario rifornirla in orbita, in quanto il carburante caricato alla partenza sarà sufficiente solo per l’inserimento in orbita terrestre.

Oltre alla Starship che atterrerà sulla Luna, bisognerà quindi lanciare altre 10-15 Starship nella versione Tanker che conterranno il carburante che verrà usato per riempire i serbatoi della Starship Lunare.

Essendo alta più di 50 mt e poiché la parte abitabile per gli astronauti sarà sulla punta, sarà necessario avere un ascensore che permetta agli astronauti di scendere sulla superficie della Luna.

La Starship è ancora in sviluppo, al momento sono stati fatti diversi lanci suborbitali con prototipi di test e SpaceX sta procedendo con un processo iterativo che permette di migliorare il prototipo dopo ogni test.

Dai dati ottenuti nei primi lanci di test, SpaceX ha definito una roadmap per passare ad una versione 2 di Starship, probabilmente la prima che effettuerà lanci commerciali e quella che sarà usata per Artemis, e successivamente una versione 3 ancora più imponente che sarà la versione definitiva e quella usata per i viaggi interplanetari.

Blue Moon è il Lander lunare proposto da un consorzio di aziende con a capo Blue Origin ed è il secondo selezionato dalla NASA come lander del programma Artemis.

L'architettura di missione prevede tre componenti che verranno lanciati con lanci distinti utilizzando il vettore New Glenn di Blue Origin:

  • il lander Blue Moon costruito da Blue Origin che servirà per portare gli astronauti sulla superficie lunare.

  • il Cislunar Transporter constrito da Lokheed Martin, usato per portare il propellente dall'orbita terrestre al lander in orbita lunare.

  • un serbatorio che verrà lanciato carico di carburante che trasferirà al Transporter in orbita terrestre.

Il primo ad essere lanciato sarà il Cislunar Transporter che verrà parcheggiato in orbita terrestre bassa e sarà raggiunto da una serie di serbatoi che lo riforniranno di propellente.

Viene poi lanciato il lander che verrà posizionato in un orbita NRHO intorno alla Luna dove verrà raggiunto dal Transporter che trasferirà al lander il propellente necessario per le operazioni di allunaggio.

Il lander si aggancerà al Lunar Gateway dove attenderà l'arrivo degli astronauti con la capsula Orion per portarli sulla superficie lunare.

Finita la missione, il lander rimarrà in orbita lunare mentre il Transporter tornerà in orbita terrestre, entrambi in attesa della prossima missione.

Blue Moon

Credit: Blue Origin

Credit: SpaceX

Credit: SpaceX

Link

Tute Spaziali

Lo spazio è un ambiente estremamente ostile alla vita: non c’è aria, le temperature variano di decine di gradi in pochi minuti e le radiazioni sono intense.
Per permettere all’uomo di sopravvivere e lavorare in queste condizioni vengono progettate tute spaziali altamente specializzate, vere e proprie astronavi in miniatura.

Nel programma Artemis, la NASA impiega due tipi di tute, ciascuna con funzioni specifiche nelle diverse fasi della missione.

Orion Crew Survival System Suite

Sviluppata per la NASA dalla David Clark Company, la OCSS è destinata all’uso all’interno della capsula Orion.
Serve a proteggere gli astronauti in caso di emergenze come la depressurizzazione della cabina o malfunzionamenti dei sistemi di bordo durante il lancio, il rientro o l’ammaraggio.

Si tratta di una tuta pressurizzata di sopravvivenza, di colore arancione brillante, evoluzione diretta delle “Launch and Entry Suit” usate nel programma Shuttle.
È collegata ai sistemi vitali di Orion e fornisce ossigeno, ventilazione e comunicazioni in caso di emergenza, pur non essendo dotata di un proprio sistema di supporto vitale.
La OCSS è inoltre progettata per galleggiare e garantire visibilità in mare dopo lo splashdown.

Axiom Extravehicular Mobility Unit (AxEMU)

Per le attività extraveicolari sulla superficie lunare, la NASA ha affidato ad Axiom Space lo sviluppo delle nuove tute AxEMU, basate sul progetto xEMU (Exploration Extravehicular Mobility Unit) realizzato dalla NASA come evoluzione delle EMU usate sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Le AxEMU rappresentano quindi la nuova generazione di tute per l’esplorazione planetaria, pensate per garantire autonomia e flessibilità in ambienti con gravità parziale come la Luna o, in futuro, Marte.

Offrono:

  • Maggiore libertà di movimento grazie a giunti articolati e materiali flessibili

  • Sistema di supporto vitale autonomo integrato nello zaino PLSS

  • Protezione termica e parziale schermatura da radiazioni e polvere lunare

  • Comunicazioni e visori integrati nel casco

  • Adattabilità a diverse corporature, con un sistema modulare e regolabile

Le tute sono progettate per garantire fino a otto ore di autonomia durante un’EVA lunare e per essere facilmente manutenibili e aggiornabili in missioni successive.

Credit: Axiom Space

Link

Lunar Terrain Vehicle

Per le operazioni sulla superficie lunare, gli astronauti di Artemis avranno bisogno di un veicolo in grado di spostarsi più rapidamente e trasportare strumenti e campioni su distanze maggiori rispetto a quelle percorribili a piedi.
Il Lunar Terrain Vehicle (LTV) sarà il primo mezzo di trasporto umano sulla Luna dopo le missioni Apollo.

A differenza del Lunar Roving Vehicle (LRV) usato durante Apollo 15, 16 e 17, il nuovo LTV sarà molto più versatile: dovrà operare sia con equipaggio a bordo sia in modalità autonoma o telecomandata quando nessun astronauta sarà presente sulla superficie.

Il LTV dovrà:

  • muoversi con propulsione elettrica, poiché sulla Luna, priva di atmosfera, i motori a combustione non possono funzionare

  • garantire autonomia e resistenza durante il giorno lunare, pari a circa 14 giorni terrestri

  • sopravvivere alla notte lunare (altre due settimane) con temperature inferiori a –170 °C

  • resistere alla polvere lunare che, carica elettrostaticamente, aderisce facilmente alle superfici e può danneggiare componenti meccanici ed elettronici

  • essere leggero ma robusto, facilmente trasportabile nel modulo cargo delle missioni Artemis

  • disporre di sistemi di navigazione autonomi e connessione con il Lunar Gateway e con i centri di controllo terrestri

Credit: NASA

Nel 2024 la NASA ha selezionato tre consorzi industriali per lo sviluppo preliminare del LTV nell’ambito del programma Lunar Terrain Vehicle Services (LTVS):

Nel corso del 2025 la NASA selezionerà uno di questi progetti per passare alla fase di realizzazione e test operativi in vista delle missioni Artemis V e successive.

Il LTV rappresenta un elemento chiave dell’infrastruttura Artemis: consentirà di ampliare il raggio di esplorazione, trasportare carichi scientifici, strumenti e campioni, e fungere da banco di prova per le tecnologie di mobilità planetaria che saranno fondamentali anche per le future missioni su Marte.

Lunar Cruiser

Per le esplorazioni di lunga durata sulla superficie lunare, la NASA e l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) stanno progrettando un veicolo pressurizzato in grado di ospitare due astronauti per periodi prolungati senza la necessità di indossare continuamente la tuta spaziale.

Il veicolo, chiamato Lunar Cruiser, sarà un vero e proprio modulo abitabile mobile, progettato per consentire viaggi di fino a 30 giorni e coprire distanze di centinaia di chilometri dalla base principale.

Sviluppato da Toyota Motor Corporation in collaborazione con JAXA, il Lunar Cruiser sfrutterà la lunga esperienza automobilistica di Toyota e le conoscenze di JAXA in ambito spaziale per creare un sistema altamente affidabile e autonomo.
Il veicolo sarà completamente elettrico e alimentato da celle a combustibile a idrogeno, che produrranno energia elettrica e acqua, riducendo la necessità di rifornimenti esterni.

L’abitacolo pressurizzato offrirà circa 13 metri cubi di volume interno, con spazi per dormire, lavorare, comunicare e gestire le risorse vitali. Il sistema di supporto garantirà ossigeno, temperatura, pressione e smaltimento dell’anidride carbonica, mentre i pannelli solari e le celle a combustibile forniranno energia continua anche durante la notte lunare.

Il Lunar Cruiser sarà in grado di:

  • ospitare due astronauti in condizioni confortevoli per diverse settimane

  • resistere alla polvere lunare e alle estreme escursioni termiche

  • operare anche da remoto in modalità autonoma o robotica quando non presidiato

Previsto per le missioni Artemis dalla VII, attualmente previste per la metà degli anni '30, il Lunar Cruiser rappresenterà un passo fondamentale verso la costruzione di avamposti permanenti e reti logistiche sulla superficie lunare.

Credit: Toyota

Link

Surface Habitat

Il programma Artemis si propone di fondare una base permanente sulla superficie lunare, punto di partenza per missioni più lunghe e per la futura esplorazione di Marte.
Per rendere possibile una permanenza prolungata, la NASA e i suoi partner stanno progettando moduli abitativi che permettano agli astronauti di vivere e lavorare sulla Luna prima per alcune settimane, poi in modo continuativo.

Attualmente sono in fase di studio e sviluppo diversi concetti di habitat, sia di superficie che sotterranei, ma i progetti più avanzati collegati direttamente al programma Artemis sono:

  • Foundation Habitat, studiato dalla NASA come primo modulo abitativo stabile sulla superficie.
    Sarà in grado di ospitare fino a quattro astronauti per circa 30 giorni, e costituirà il nucleo iniziale dell’Artemis Base Camp. Al momento si trova in fase concettuale.

  • Multi-Purpose Habitat (MPH), sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in collaborazione con Thales Alenia Space, rappresenta un’evoluzione concreta del concetto NASA.
    Ha ricevuto l’approvazione del Mission Concept Review Board della NASA per procedere alla fase di progettazione preliminare.
    Il modulo, lungo circa sei metri e con un diametro di tre, avrà una massa di circa 15 tonnellate e ospiterà due astronauti per permanenze da 7 a 30 giorni.
    Sarà dotato di ruote per una limitata mobilità, in modo da poter essere riposizionato sulla superficie lunare. Il target per il lancio verso la Luna è il 2033.

Questi habitat rappresentano il passo successivo verso una presenza umana sostenibile sulla Luna e la futura costruzione di basi permanenti per missioni scientifiche e logistiche.

Credit: Thales Alenia Space